mercoledì 9 aprile 2014

Oggi è una settimana che le mie due bimbe (quella piccola e quella grande), sono rinchiuse in ospedale.

Ormai Tata sta bene, è allegra, spensierata e terribile come sempre, quindi posso con un po' più di serenità tirare le somme.
E' stata una settimana massacrante, soprattutto i primi giorni in cui vedevo lei e la mamma sfiancate dagli esami e dalla costrizione in un ambiente estraneo e apparentemente ostile.

L'infezione alla gola sembra essere passata completamente, e non ci sono segni di complicazioni o effetti collaterali. Purtroppo quando si entra nel circolo vizioso delle strutture ospedaliere è difficile uscirne, e adesso dobbiamo aspettare almeno fino a sabato perché finiscano le cure e i controlli, così che i medici possano sentirsi al sicuro da qualsiasi rischio causato da una loro mancanza o da un loro errore.

La cosa brutta è il pensiero di aver sottoposto la bambina a questo bombardamento di farmaci, proprio noi che volevamo trovare il modo di farla crescere secondo una filosofia diversa, molto più lontana dalla medicalizzazione forzata e invasiva.
Forse non ce n'era bisogno, e ci siamo spaventati mentre poteva bastare una cura di antibiotici a casa.
Eppure da giorni la febbre non scendeva, e la nostra pediatra non ci sembrava tanto ferrata sulla situazione o sicura su cosa fare, così ci siamo affidati ai medici dell'ospedale.

Devo anche ammettere che nella difficoltà la nostra famiglia ha vissuto dei momenti belli, fatti di tanta unione e complicità, con un supporto reciproco totale.
Il brutto è tornare a casa la sera, con il mio "faro" a guidarmi sulla via di casa, dove però troverò solo tanto silenzio e un letto vuoto e sfatto.



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