martedì 4 ottobre 2016

Partire è già un po' un arrivare

Eccoci qua: oggi è il Day-After del Morenic Trail.

Gara conclusa, 113 km (118 in realtà, misurati sul campo) conclusi in venti ore perfette, tagliano il traguardo di Brosso al suono delle campane che segnano le 4 di domenica mattina.

Sono vivo. 
Cammino da solo, nonostante un ginocchio leggermente gonfio e dolorante a freddo. I piedi sono abbastanza sani, solo due grosse vesciche sui lati interni del tallone, e che ora stanno guarendo senza avermi dato troppo fastidio in gara.
Muscoli leggermente doloranti, tendini ok...

Direi che ho fatto la gara perfetta... dal punto di vista del dosaggio risorse.

Prestazione nella media: 64° su 118 partecipanti di cui 87 arrivati alla fine.

Sono ancora stordito dall'esperienza, ho pensieri, immagini e sensazioni che si accavallano e da cui non riesco ancora a trarre un filo conduttore.
La parte diurna della gara è quella che mi ha dato più soddisfazione. I primi 21 km erano sostanzialmente una lunga discesa sulla cresta della Serra di Ivrea, un formazione collinare unica in Europa, e che da bambino (nei tre anni in cui ho vissuto in questa zona) alimentava fantasie su giganti che costruivano questo muro perfetto per difendere il loro regno. 



Al primo check sul lago di Bertignano io e il mio socio abbiamo segnato 2h24', correndo senza sforzo per tutta la tratta. Un buon ritmo senza sforzare, considerando che l'insidia di questa prima frazione era quella di lasciarsi tirare dalla discesa e dagli altri atleti.

Da qui partiva la seconda tratta, 35 km di sali-scendi tra boschi e vigneti fino a raggiungere il punto di metà percorso sul ponte della Dora.
I primi 10 km li abbiamo corsi quasi tutti con buon ritmo, camminando solo sulle salite più accentuate per evitare di stancarci troppo. Poi al ristoro del castello di Masino (bellisima cornice) ho commesso il mio primo errore: mangiare troppo.
Che il troppo poi è relativo, un po' di cracker, parmigiano e biscotti. Però alla ripartenza mi sentivo le gambe molli e lo stomaco pesante, tanto da lasciar andare il mio socio e rallentare al passo per un lungo tratto.
Una decina di km, un altro ristoro al volo con un bicchiere di Coca Cola, e le gambe hanno ripreso a girare alla grande, con ripresa della corsa e guadagno posizioni una dopo l'altra fino al tanto agognato giro di boa: i 56 km del ponte Dora Baltea.
Cancello alle 18:30, arrivo alle 16:30 circa dopo 7h23' di corsa.

Sarebbe una media fantastica, da top ten... ma ovviamente il peggio deve ancora arrivare!

Anche qui errore di alimentazione, ancora peggio di Masino avendo mangiato mocetta e toma di montagna con particolare voracità.
I boschi del lungo Dora hanno riecheggiato dei miei rutti al formaggio per un bel po', e di nuovo le gambe di legno non mi hanno permesso di correre come si deve, facendomi perdere parecchie posizioni.
Arrivato a Candia, 66 km, ho trovato il mio socio a bordo strada fermo. Pensavo mi aspettasse, ma mi ha fatto subito segno che era KO... dolore insopportabile al polpaccio, impossibile per lui anche camminare.

Cavolo, se molla lui, con il suo bagaglio di esperienza alle spalle, come posso farcela io da solo e con ancora 50 km da percorrere?

Scaccio ogni dubbio, e riparto. Non ho particolari aspettative o pretese, quindi posso fare un passo dopo l'altro senza preoccuparmi.
Caluso, Candia, e poi salita spezza gambe su asfalto fino al gran ristoro nella chiesa sconsacrata di Santo Stefano.
Accoglienza da eroe da parte dell'organizzazione, facendomi sedere subito e servendomi come un pascià con birra, pasta in bordo e caffè.
Sembrerebbe un pasto da suicidio in base alle considerazioni di prima, invece dopo un rapido cambio maglietta e qualche aggiornamento a casa e ai compagni di squadra che mi seguivano on-line, sono ripartito in gran forma, fresco come una rosa.



Partenza alle 19:30, ormai buio nel bosco... da qui parte la mia lunga notte.




Manca ancora una maratona all'arrivo, ma i primi tratti nei boschi scorrono lisci, corricchiando senza particolari affanni.
Dopo un veloce caffè ad un ristoro a sorpresa nel paesino di Villate, e una video chiamata con moglie e bimbe prima che vadano a dormire, mi immergo nei boschi che mi faranno superare l'autostrada e passare nel lungo tratto di collina che porta al Chiusella e alla partenza della salita finale.
In realtà sono boschi brutti, di alberi "infestanti" come sambuco e acacia che soffocano castagni abbastanza striminziti.
Ad un certo punto, dopo appena 4 ore di funzionamento e dopo aver superato il paese di Vialfré, la frontale mi lascia... batteria scarica!
Quella di scorta speravo di non usarla, non mi dà sicurezza. La accendo al minimo e devo andare avanti quasi a tastoni lungo sentieri brutti e pieni di sassi insidiosi nella parte forse più brutta dell'intero percorso.
Questo è l'unico momento in cui penso di cedere, e in cui la paura comincia a prendere il sopravvento.
Ancora quattro o cinque ore da solo, al buio più completo, con il rischio di rimanere senza luce mi sembrano insopportabili.
Uso la batteria tampone del cellulare per ricaricare la frontale. Se funziona posso tranquillizzarmi.
Arrivo a Torre Canavese indenne, ma un po' provato e avendo perso molto tempo viaggiando a passo incerto per così lungo tempo.
Qui per fortuna aggancio un corridore con il mio stesso passo ed una buona frontale. Inoltre la carica della batteria funziona bene, ormai il problema luce è passato.

Mi rimangono 10 km per finire il terzo settore, ma saranno i più lunghi!
Quasi tutta discesa ripida e dal fondo sconnesso, un calvario per i miei quadricipiti contratti e doloranti e per le vesciche al tallone.
Comincio anche a sentire mal di stomaco, e questa è la cosa più debilitante.

Arriviamo comunque al tanto agognato Ponte dei Preti, 91 km, dove mi aspetta una bella minestrina calda e dieci minuti di riposo, prima di attaccare l'ultima parte in salita verso il traguardo.
La minestra un po' funziona ma sono ancora provato. La salita però mi aiuta, e poco a poco prendo ritmo. Sono di nuovo solo ma vedo persone dietro (che poi distacco) e ne raggiungo davanti.
Al Lago D'Alice ritrovo il compagno di prima, che ora ha problemi lui con le batterie della frontale. Diventiamo un gruppo di quattro, con una donna super tosta che ci raggiunge e ci tira fino all'abitato di Alice Superiore. Lì parte una lunga salita ripida, e incredibilmente le mie gambe si svegliano, facendomi partire in quarta per gli ultimi 8 km in solitaria.

Sembra una bazzecola dire 8 km su 113, ma poi penso che equivale ad un bel trail corto.
Infatti il traguardo non arriva più, nonostante il mio passo ottimo (ai livelli della partenza) e le salite mangiate come se niente fosse.
Bello sentirsi così bene, vedere il paese profilarsi all'orizzonte, e finalmente l'arco rosso del traguardo... presidiato da due persone mezze addormentate...
Ci credo, sono le 4 del mattino, e il primo è arrivato dieci ora fa.

Doccia, polenta e spezzatino, poi a rotolarmi su una brandina con le gambe doloranti e contratte. Ma è andata, abbiamo concluso alla grande.






2 commenti:

Cristina ha detto...

Fantastico! No ma fantastico sul serio sei stato bravissimo! Poi con calma ripasso a leggermi i tuoi allenamenti!!!!

spiritodeimonti ha detto...

Beh, grazie ;)