venerdì 3 gennaio 2014

Di Viaggi e di Partenze


Forse è giusto così…

Le mamme hanno nove mesi per entrare in simbiosi con il figlio che portano in grembo e per accettare la loro nuova dimensione.
Ne sentono il contatto giorno dopo giorno, sentono il proprio corpo cambiare forma insieme a lui.


Noi uomini invece siamo un po’ tagliati fuori in questa fase.

Ci manca il contatto diretto con il piccolo, la reale percezione di quello che sta succedendo. Se penso all’immagine di lei incinta, la vedo come fissa in un dipinto realista dell’ ottocento, perfetta nei dettagli, con le curve nette e le sfumature di colore calde ed avvolgenti. Su viso un sorriso ed un espressione di profonda intesa, come di un dialogo intimo e silenzioso che si consuma all’oscuro del resto del mondo.

Ma io  sono solo uno spettatore.

Coinvolto, completamente rapito dall’opera d’arte, però conscio di non esserne parte.
Poi arrivano i secondi nove mesi, e forse questo è veramente il nostro momento. Il momento per maturare la nostra coscienza di padri, coltivare e affinare il rapporto con questa nuova creatura.

E anche loro forse lo sanno...

La mia piccola ha da poco compiuto nove mesi,  completato quindi quella che definisco eso-gestazione, e da pochi giorni ha cominciato a pronunciare “Papà”. A volte scandendolo bene, il più delle volte farfugliando solo un “abà”, ma ogni volta facendolo coscientemente  verso di me.
E io mi rendo conto che in questi nove mesi la difficoltà più grande per me è stata proprio quella di entrare appieno in questo mio nuovo ruolo. Vincere il conflitto tra la mia vita precedente e quella attuale, nella quale ritmi e priorità sono stati completamenti stravolti e rivisitati.
Non penso assolutamente che le difficoltà più grandi siano ormai passate, ma quello che mi stupisce è che adesso, quando penso ai miei programmi futuri, vedo principalmente al centro di tutto mia figlia e lo stare con lei. Tutto il resto è di secondaria importanza.
I primi mesi invece rimaneva l’urgenza di proseguire con la solita vita, quasi come se la nascita di un figlio fosse solo una parentesi nella vita di tutti i giorni.
Questo ha creato qualche frustrazione e qualche momento di tensione in casa.
Ma credo che anche a noi padri debba essere concesso di poter cambiare e coltivare in noi il nostro nuovo ruolo. Con errori e sofferenza certo, perché se il cambiamento non porta sofferenza non è un vero cambiamento.


In fondo sono un viaggiatore, abituato a lasciar correre i pensieri dove la vita reale spesso non va.
Poi una piccola viaggiatrice è salita qui di fianco a me, facendomi distogliere lo sguardo inquieto dall’orizzonte, per godermi semplicemente la sua compagnia,  apprezzando il nostro viaggio per quei piccoli e semplici momenti di cui si compone, magari anche (o per fortuna) senza ben sapere dove il vento ci stia portando.


Quindi...buon viaggio.




 

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