venerdì 19 gennaio 2018

Fuori c'è un mondo fragile

Mia nonna paterna è morta.

Finalmente, dovrei dire.

Da più di due anni l'Alzheimer l'aveva portata via da sé, e negli ultimi mesi il suo corpo implorava quella mente cocciuta di lasciarlo in pace.

Mi chiedo se veramente in me non si annidino rimpianti, o se io voglia solo negare e nascondere i miei sentimenti.
Ero più preoccupato per mio padre, consumato e debilitato da questa situazione, e sono sollevato dal fatto che possa finalmente mettersi l'animo in pace e tornare a vivere.

Ieri sera mi sono fermato dai miei, accompagnando mio padre dal prete che voleva raccogliere un po' di informazioni sulla defunta.
Mio padre lo vedevo fragile e disorientato, forse un po' confuso, ma tutto sommato determinato.
Mentre aspettavamo che finisse la messa ci siamo presi una birra, ritrovando una confidenza da camerati e persone del paese con cui non credevo di avere ancora questa familiarità.
Dopo il "Monsignur" ci ha accolti nel suo salotto, ricordandosi bene di me nonostante i miei trent'anni di assenza dalle chiese, e sorprendendomi con una foto sulla credenza che ritraeva lui, me e gli altri ragazzi del campo scout dei lupetti.

Ho sentito il peso, e la forza, delle radici.
Io che troppo spesso mi ritengo foglia al vento.

Mi sono fermato per cena, saltando l'allenamento e le ripetute. 
Ho preso due pizze valdostane e un vassoio di bignole nelle pasticceria sotto casa dei miei, quella che ha sfornato 40 torte sempre uguali ad ogni mio compleanno.
Mentre mangiavo il mio bignè chantilly, pensavo al pasticcere che conosco da sempre, a sua madre morta quest'estate con un percorso identico a mia nonna, e che quand'ero bambino ci guardava dal balcone mentre giocavamo nel cortile. Ricordo persino suo marito, morto quando forse non avevo tre anni, ma che per me è rimasto come ricordo sfocato di un pomeriggio soleggiato e profumato di crema alla vaniglia, e di un corteo funerario di cui avvertivo la gravità ma non ancora il significato.

Mi ha commosso il pensiero che un figlio possa far vivere il padre tramandandone il lavoro, l'arte.
Che uno chantilly possa rendere immortali.
Mi ha rattristato il pensiero che il figlio del figlio abbia rinnegato questo sapere, e ora il negozio sia in vendita.

Chi mi farà le torte d'ora in poi?

E' stata una bella serata. 
Eravamo tutti più in pace e rilassati: mio padre, mia madre ed io. C'è stato un tacito rassicurarsi a vicenda, gesti e piccoli vizi per festeggiare la vita e non rimpiangere chi è morto.


La vita è fatta di piccole e dolci cose. Il segreto è celebrarle.




1 commento:

Francesco ha detto...

ieri ero a Torino per lavoro e mi sono fermato dai miei, non solo a cena ma anche la notte, tanto dovevo andare nell'alto Piemonte oggi. vedo i miei, ogni volta, e faccio tanti di quei pensieri che tu non immagini......